Il World Press Photo è un concorso di fotogiornalismo, sicuramente una vetrina prestigiosa ed una organizzazione a suo modo vitale.
E’ però anche altro. E’ uno sguardo, una finestra sul mondo, l’opportunità di osservare quello che accade al di fuori del nostro consueto spazio visivo, immortalato in alcuni scatti.
Spesso mi trovo a chiacchierare con la gente, addetti ai lavori o meno, sulle qualità che una posa da WWP “deve” avere per essere premiata o comunque concorrere.
Altrettanto spesso mi trovo in disaccordo. Ridurre una foto giornalistica ad una mera questione di estetica o di tecnica è sminuirne il concetto, la portata.
La prospettiva interiore.
Uno scatto può non essere perfettamente a fuoco, non rispettare la regola dei terzi o differire dalle ripartizioni zonali di Ansel Adams e tuttavia avere molto da raccontare, mostrare una sua profondità, farci capire quello che avviene.
La nostra prospettiva è quella dell’osservatore, no di certo quella del critico d’arte; e non dev’esserlo! In un mondo dove a farla da padrone è la tecnologia, comprendo, un certo grado di attenzione si concede al mezzo, alle potenzialità espresse od inespresse, pesando sulla visione generale delle cose.
Allo stesso modo, quando si guarda una fotografia si tende a valutarne i colori, le sfumature, l’inquadratura e la macchina con cui è realizzata, ciò può anche andar bene se si è dinanzi ad uno scatto in un contesto dimostrativo, come potrebbe essere allo stand fieristico della Nikon, meno appropriato se il concetto centrale risiede nella divulgazione.
Distolti
Forse siamo distolti dalle luci e dagli addobbi delle foto che i social ci propinano ogni giorno, molto spesso fini a loro stesse, senza un’anima o un posto nella società, solo create per stupire (ammesso che ciò possa ancora avvenire), per ammaliare.
Non fraintendiamoci, ho nulla contro una bella posa, ma sono convinto che per ritagliarsi un posto nella sfera di reale interesse debba presentare contenuti, un indirizzo, debba avere un senso. E raccontare, narrare qualcosa, essere parte di una storia.
Cosa ci insegna il World Press Photo
Per capire una immagine si deve compiere quel passo avanti per inserirsi nell’ottica, nell’ambiente che la rappresenta, provare a far proprio il contesto, stimolare l’animo per sensibilizzarlo a carpire tutto quello che non si vede e che va ben oltre un orizzonte non perfettamente in bolla. Molto oltre.
Prospettive – Michele Di Mauro Fotografia
Fotografo di reportage – Michele Di Mauro – Business Storytelling (micheledimaurofotografia.it)