Sullo storytelling, un argomento spinoso.
In una realtà in cui la potenza della tecnologia, che pur nelle intenzioni originali non v’è dubbio dovesse avere un ruolo facilitativo, può porre a repentaglio il reale, la purezza del racconto assume la qualità di valore da preservare.
Il racconto, dunque, lo storytelling, deve tendere alla cristallina documentazione, ovvero rendere la storia più avvincente?
Non semplice, né univoca la risposta al quesito, che trova una sua prima soluzione nel paletto etico della non distorsione degli eventi. Troppo spesso piegati alla favola, alla narrazione, i fatti sono travisati e spogliati di ogni dignità perché rispondano ad esigenze di esposizione.
Se da un canto può apparire chiaro che un fatto deve rimanere tale (kantianamente) e così dev’esser descritto, allo stesso modo poco fa strano se – esemplificando – il tono ed il tenore delle parole di un video giochino in una determinata direzione laddove il fine è sensibilizzare l’opinione pubblica in merito ad un certo accadimento.
Così anche l’immagine può essere scattata da molteplici prospettive, ognuna delle quali può dare risalto ad una sfumatura concorde, neutrale o finanche esclusiva delle altre od a queste contraria.
Nel mezzo, è agevole intuire, il difficile compito di chi è dietro la macchina, vede il fatto, ne conosce gli angoli bui e quelli in luce, che aziona l’otturatore e che deve scegliere cosa includere e ciò che deve mantenersi fuori, quel che è importante e quel che no.