Il rapporto tra uomo e natura, una questione di contrasto. Rivedendo gli appunti di qualche tempo addietro, mi sono ritrovato a riflettere sul legame tra essere umano e ambiente. L’uomo, un tempo parte integrante della natura, ne è diventato estraneo, finanche ostile. Un rapporto complesso e controverso, segnato da sfruttamento, ammirazione e paura.
Rapporto tra uomo e natura
La mia prima visita alle Cascate di San Fele la devo ad una gita fuoriporta con l’amica e collega Tatiana, che in un Lunedì dell’Angelo di alcuni anni fa raccolse l’idea di andare a sbirciare questo luogo naturalistico che appariva tanto nordico in fotografia.
Ogni qualvolta mi reco in un luogo dove l’uomo si lega indissolubilmente alla natura, inizio ad interrogarmi sulla profondità del rapporto. Ciò avviene in special modo quando la meta è montana. Spesso le aspre vette ed il loro clima sono difficili da affrontare quotidianamente, eppure la vita in queste zone ha caratteri di più intensa connessione tra uomo e natura. Così, salgono in mente alcuni passi di Walden ovvero Vita nei boschi, libro di Thoreau, che lessi alcuni anni fa e che mi ha portato a mutare la prospettiva.
Nella foresta, diceva, posso essere me stesso, al netto di sguardi che possono indurre a conformarsi alle regole troppo spesso non comprese (e delle quali si apprezza poco il senso), che allontanano dall’indole umana.
Dentro e fuori dalla fotografia
L’occasione odierna è quella della scrittura di un articolo (Cascate di San Fele, Uomo e Natura ai piedi del Vulture) su Secret Village che scriverò a breve sulle Cascate di San Fele; tornando alle fotografie dell’area, mi interrogo sul binomio uomo-natura dentro e fuori dalla fotografia.
In effetti, quello tra uomo e natura è un abbraccio senza tempo, antico, la natura accoglie, l’uomo si evolve. Ciò che da un lato pone grossi interrogativi è l’attuale andamento del rapporto, non appare più alla pari, c’è scontro, sopraffazione. Nelle fotografie di sessanta, settant’anni fa si osserva un binomio già spostato verso la presenza umana invasiva, ma c’è una sostanziale convivenza pacifica, mediamente. Certo, fabbriche e opifici hanno deturpato alcuni angoli di paradiso, ma questo può valere anche per i castelli del Medioevo.
Negli scatti di Bresson, di Berengo Gardin, di Salgado, solo per esemplificare, si percepisce un’attenzione al mondo che circonda la vita umana, che tende al predominio in alcuni casi, mentre in altri è in simbiosi. In alcune fotografie di Dorothea Lange, la natura è sullo sfondo e pare un contorno dell’esistenza, quasi solo un fondale. In ciò, si intende il passaggio dalla ricerca dell’armonia con la natura al confino della natura al ruolo di fattore da sfruttare al meglio.
L’amore, la contemplazione della natura nelle fotografie di Ansel Adams, l’idea di natura che ispira e si fa musa, oggi è forse anacronistico, malinconicamente crepuscolare, appartiene ad un’altra era. Uso e consumo dell’ambiente, se mi si passa la locuzione.
Una questione di contrasto
Sorridendo, potrei dire che un buon grandangolo, ai tempi odierni, finisce per catturare sempre qualcosa di “umano”, sia pure un cavo elettrico. Vista così, inizio a rivalutare il normale nella paesaggistica.
Certo, non ci si può ancorare alla manifestazione di forza superiore che spesso la natura rappresenta per provare ad emozionarsi, sono gradevoli anche le più miti colline in fiore, che non perdono di fascino a patto di coglierne l’essenza. Senz’altro hanno meno impatto, ma la fotografia, provoco, deve necessariamente colpire? Non credo. E’ mia convinzione che basti portare alla riflessione, che l’intento sia quello di stimolare il pensiero.
Nei tempi che viviamo questo è tutt’altro che scontato, anzi, è una sfida quasi nuova. Le macchine fotografiche, così anche i cellulari, permettono di rasentare la perfezione, anche dove non c’è. Questo è bene se ci si serve del mezzo tecnologico per una diagnosi, meno se diventa lo strumento per colmare una lacuna. Se manca l’intento, se latita la volontà di esprimere, di esprimersi, se difetta il messaggio, allora la fotografia perde il suo senso. Anche la foto ricordo ha la sua utilità, fondamentale, per giunta.
Documentare il rapporto tra uomo e natura
Al netto di un lavoro fatto per documentare, per portare a conoscenza, di un reportage divulgativo, la fotografia può avere molteplici usi, ma questi devono essere accomunati da uno scopo, non può esistere fotografia senza un obiettivo, senza il desiderio di comunicare.
Il parallelo con il rapporto tra uomo e natura (una questione di contrasto, non a caso) sta qui, anche vivere la natura, preservarla, continuare quello scambio reciproco che caratterizza il rapporto stesso dovrebbe essere alla base dell’esperienza che si vive. Le fronde di un albero al vento emettono suoni che danno benessere, impossibile pensare che siano rumore, per intenderci.
In conclusione
Quello che cinge l’uomo alla natura, vicendevolmente, è un tema complesso, certo, ma dalle sfumature di semplicità. Proviamo a riflettere quando andiamo per campi a fotografare fiori in macro per stupire con i colori e col dettaglio dell’ultima ottica acquistata; proviamo a soffermarci un secondo in più sul silenzio del parcheggio ben asfaltato, in contrapposizione al frastuono delle onde che si infrangono sulla scogliera. I due articoli sono leggibili su Secret Village:
“Cascate di San Fele, Uomo e Natura ai piedi del Vulture“
“Visita all’Eremo di San Bartolomeo in Legio“
I miei articoli su Secret Village
Altri articoli sul BLOG