Documentare, capire, far conoscere. In questi pochi punti è per me racchiuso il lavoro fotografico, quella produzione che si compone di attimi. Per altra prospettiva, scattare è per me riconoscersi in qualcosa, in un frammento di realtà che si cristallizza nel tempo. Nel suo, di tempo, ed in quello che verrà.
Come ha modificato il rapporto con noi stessi la piaga pandemica che ha colpito la nostra società?
Un’indagine sui confini dell’interiorità personale e comunitaria in tempo di Covid-19, sull’approccio alla spiritualità nell’epoca del distanziamento sociale.
Il tempo si ferma, tutto si cristallizza, attimi inquieti e vite interrotte, edifici spezzati e memoria che termina lì, senza un vero domani al quale affidarla.
Sui luoghi degli eventi sismici del Centro Italia del 2016, a metà tra ricostruzione e velo pietoso, tra l’andare avanti e perdersi per strada.
La periferia come luogo nel quale vecchio e nuovo si incontrano, dove la società muta eppure rimane la stessa.
L’ambiente ove si conservano tradizioni ed in cui si corre a sperimentare il futuro cancellando i tracciati dei costumi, siti di contraddizione e regni che dicono si debbano riqualificare.
Vita comunitaria, accoglienza, semplicità.
L’abbraccio naturale della condivisione in una comunità di Figlie di Maria Ausiliatrice, ambiente dove lo spirito ritrova la propria dimensione, dove il rapporto umano ritrova le radici, la vera essenza.
Sulle tracce degli scritti di Carlo Levi, ripercorrere il flusso emotivo, riscoprirne i luoghi e cercare i punti di contatto tra la sua Basilicata e quella che è consegnata al futuro.
le mille vite basilische in un breve omaggio all’artista torinese, al suo trascorso nelle terre del Sud.