Spesso capita di rimanere affascinati dalle teorie più suggestive, benché non del tutto convincenti, e di lasciar vagare la mente verso luoghi esoterici, sollevando a mezz’aria i piedi sottraendoli al contatto con il terreno.
Personalmente, sono in primissima fila tra quelli che un po’ amano viaggiare con la testa, immaginare e farmi cullare dalle teorie più coinvolgenti, unico freno a questo è la capacità di intendere quella che alle volte è la poca corrispondenza con la realtà.
E meno male, se no finirei con il cervello sulle coste di un’isola sperduta, ma con le scarpe piantate su continente!
Tornando seri
Tempo fa, complice uno studio che stavo portando avanti per una collaborazione, mi sono imbattuto in alcune divagazioni congetturali sul tema della croci stazionarie, che mi hanno – non nego – molto affascinato.
Proseguendo nella trattazione della materia, mi sono accorto che esistevano alcuni articoli dell’architetto Franco Valente, autore di libri in merito, che sconfessavano tutta una serie di castelli di carte – che apparivano anche ben saldi – facendoli crollare rovinosamente al suolo.
Le croci stazionarie, in effetti, non hanno legami con eventuali culti religioso-armentizi della transumanza (attorno alla quale già molte teorie bislacche gravitano libere e felici), non rappresentando luoghi di culto legati alla migrazione animale, così come non hanno a che fare con itinerari sacri (niente croci viarie) o speculazioni a base templare.
Il fascino dell’esoterico
La fotografia non è distante dalle croci stazionarie, che prima o poi partirò per immortalare in un lavoro che mi balena in mente da lungo tempo, può prestarsi a molte distorsioni, a un numero di significati abbastanza ampio.
Una ricetta fatta e finita per ancorarsi a terra non sono certo che esista, ma confido sempre nell’allenamento dell’occhio e della mente, che assieme al proprio sentimento possono formare il filtro giusto attraverso il quale leggere una posa, riducendo se non evitando, il rischio di cedere alle tesi più fantasiose e di perdere di vista soggetto e significato.
Leggere le fotografie, tenerne a mente (o documentarsi) il contesto, gli avvenimenti che hanno dato loro vita, trovo possa essere un buon esercizio per mantenere il cervello elastico, attiva la nostra capacità di discernere e valutare anche la veridicità di quanto è illustrato, andando oltre l’apparenza.
Pensando alle tecnologie che incombono, a volte il poco legame con la realtà è proprio quello che rende l’immagine incisiva, quando l’espressione artistica rappresenta il messaggio.
E’ in questo frangente che bisogna tenere i piedi saldi al terreno e non cedere al fascino dell’esoterico.
Alcuni articoli correlati:
https://www.micheledimaurofotografia.it/play-rec-il-fine-giustifica-i-mezzi-in-fotografia/
https://www.micheledimaurofotografia.it/prospettive/
https://www.instagram.com/micheledimauro/